mercoledì 31 agosto 2011

Rebecca



Rebecca, tesoro, non penserai davvero di startene tutta la sera e tutta la notte lì sotto, spero. Ti appiattisci così tanto sul pavimento che finisci per sembrare il gatto più lungo del mondo. Invece direi che sei solo il gatto più spaventato. Troppe novità in troppo poco tempo, vero? D'accordo, ma stammi a sentire: qui nessuno ha intenzione di abbandonarti; il peggio che ti può capitare, qui, è di dover sopportare gli strimpellamenti ininterrotti del bluesman o qualcuno dei miei lagnosissimi cd di musica barocca. Allora, ti decidi ad uscire da là sotto o no?

sabato 27 agosto 2011

Strano

Basta che un sindacato - che so, metti caso la Cgil - indica uno sciopero generale della gente che lavora, e tutti a storcere il naso, tutti in coro a dire che come si fa, che non è cosa, non usa più, è roba stantia da padroni e proletariato e, via, al giorno d'oggi mica esistono più i padroni e figurarsi se esistono gli operai, oggi bisogna tutti collaborare al benessere della classe dirigente sennò come usciamo dalla crisi?
Poi scioperano i calciatori e tutti lì a scervellarsi, analizzare e filosofare sul perché e sul percome. Non so, non capisco.

martedì 23 agosto 2011

London 2011 quick summary

Riots
Siamo arrivati quando i riots in città si stavano placando. Mai vista tanta polizia: a piedi, a cavallo, in bicicletta, coi cani, in motoscafo a sirene spiegate sul Tamigi. Non mi sono mai sentita così sicura.
Intanto la gente ha ricominciato a leggere i giornali in metropolitana; pagine e pagine su case distrutte e negozi in fiamme, accenti strappalacrime ma anche raccolte di fondi e tanta concreta solidarietà.

Scarpe
Ormai è flip flops-mania, ahimè. Resta inclassificabile l'infradito maschile con calzino corto avvistato in un locale chic di Maida Vale all'ora dell'aperitivo. Le zeppe e il tacco 12 resistono in tutte le varianti, possibili e non. Per il resto, le ballerine, soprattutto quelle bicolori crema e nero, pare siano considerate il massimo dell'eleganza.

Musei
Il Natural History Museum di South Kensington è una delusione assoluta. Una specie di parco divertimenti leggermente evoluto. Oppure, se si preferisce, una concatenazione di ristoranti e dinosaur toy shops intervallati da bruttissime copie di animali. Noioso, deprimente e zeppo di marmocchi ingovernabili.
Molto interessante e ben organizzato invece il Museum of London: praticamente la storia di Londra dai fossili ai Doc Martens. Vale davvero la pena, soprattutto per il periodo preistorico e pre-romano.

Manoscritti
Il più commovente di tutti, quello di Jane Eyre, esposto alla British Library. "Readers - I married him." Parole vergate con una tale sicurezza, una tale pulizia su pagine immacolate che dicono tutto dell'autrice, della sua determinazione, di come il romanzo fosse tutto chiaramanete formulato nella sua testa prima di approdare sulla carta. Non sono così sicura che un tempo scrivere fosse più faticoso. Sono convinta che la scarsità dei mezzi favorisse la concentrazione.

Spettacoli
Les Miserables al Queen's Theatre: ottimo spettacolo, non un attimo di cedimento nonostante la lunghezza e la complessità della trama. Regia mai banale, interpreti strepitosi. Conserverei un ottimo ricordo della serata non fosse per la coppia di idioti che stava seduta dietro di me: lei è riuscita a darmi un calcio sulla nuca, lui mi ha buttato addosso la giacca, ha chiacchierato, ha ruttato e infine mi ha rovesciato addosso un bicchiere di vino.
Piacevole il concerto di Allen Toussaint al Jazz Café di Camden: lui si è divertito un mondo a raccontare aneddoti su Frankie Miller (presente con la moglie nel backstage) e, assolutamente a sorpresa, sul palco si è presentato anche Josè Feliciano.

Tecnologia
Lo sappiamo, a Londra ormai hanno tutti l'i-phone (che viene utilizzato prevalentemente per giocare). Però quest'anno ho notato un ridimensionamento del rimbecillimento tecnologico: in metropolitana sono ricomparsi quotidiani e libri, soprattutto libri palesemente di seconda mano.

Kate e Diana
Il mito della Principessa del Galles resiste, soprattutto a Kensington. Kate Middleton è certamente molto amata ma le due personalità non sono in alcun modo sovrapponibili. Diciamo che Kate, concreta e solare com'è, ha colmato un vuoto e, indirettamente, attenuato il generale rammarico - mai sopito - per la sventurata sorte di Diana.

Mervyn Peake
Mi aspettavo molto di più dalla tanto decantata exhibition alla British Library. Alcuni dei lavori esposti li avevo già visti due anni fa alla Maison d'Ailleurs di Yverdon. Molto interessanti i manoscritti, sia di Peake sia della moglie. Davanti alla lettera di Dylan Thomas che chiede in prestito dei vestiti (particolare non trascurabile il fatto che Peake e Thomas fossero fisicamente diversissimi) mi sono sentita in dovere di trasgredire il divieto assoluto di fotografare.
In ogni caso non c'è dubbio che Peake fosse un vulcano di idee: progetti educativi, lavori per la televisione, disegni, schizzi e poesie all'infinito.
Un sentito ringraziamento allo staff della galleria Chris Beetles, in particolare al signore gentilissimo che, vedendomi titubante dinanzi all'invito a suonare il campanello - "Gesù, non mi faranno mai entrare in un posto così!" - mi ha semplicemente aperto la porta, mi ha guidata ai dipinti di Peake, mi ha ricordato la mostra alla British Library - "Già fatto, grazie!" -, ha custodito la mia borsa e mi ha illustrato la pregevole nuova edizione del quasi introvabile Letters from a lost uncle su cui, peraltro, avevo immediatamente messo gli occhi.

Italiani
"Ma che è, hanno aperto le gabbie? Proprio a Londra devono venire, dico io...A Ferragosto! Ma che andassero in un villaggio, dico io, no?"
Non si può dar torto alla ragazza dello staff di uno dei tanti caffè Costa sparsi per la città. Gli italiani a Londra, in generale, non sono bella gente. Ci sono quelli con la puzza sotto il naso, la giacca impermeabile, la sciarpa e le Tod's, che se ne vanno in giro con aria schifata e vorrebbero chiaramente essere in Sardegna ma vanno a Londra perché evidentemente è pur sempre una cosa che fa fine e che s'ha da fare. Poi ci sono quelli sciatti e caciaroni su cui c'è davvero poco da dire.
Una domenica sera in un pub scalcinato a Bermondsey un ragazzo in infradito e tuta da ginnastica bighellonava tra l'ingresso e il marciapiede; buttava via il tempo con le mani in tasca, solo e annoiato. Conquistati a fatica una Guinness e un succo d'arancia - la barista si era nascosta chissà dove, fortunatamente ci ha pensato un avventore a ripescarla - ci siamo seduti a chiacchierare sui divanetti consunti mentre il ragazzo, appollaiatosi su uno sgabello, parlava in italiano al telefono. È rimasto tutto il tempo aggrappato allo sgabello a rompersi le palle, consapevolissimo del fatto che eravamo italiani, forse sperando in un nostro invito. Nell'uscire, il bluesman, uomo buono e gentile, l'ha salutato. Io no.

lunedì 22 agosto 2011

Cimiteri di Londra - St John-at-Hampstead Old Churchyard

Il vecchio cimitero annesso alla bella chiesa settecentesca sorge praticamente al centro del villaggio. Chiuso ufficialmente nel 1878, è la dimora perfetta per varie specie di felci e pipistrelli. È un microcosmo sereno dove proliferano licheni, farfalle e fiori. Ospiti illustri, il pittore John Constable e lo scienziato John Harrison, inventore dello strumento che consente di calcolare la longitudine durante la navigazione in mare aperto.

domenica 21 agosto 2011

Cimiteri di Londra - Kensal Green

Arriviamo a Kensal Green di domenica, il primo pomeriggio. Nel cortiletto del pub vicino alla stazione della metropolitana è in corso una grigliata che andrà avanti fino a sera; all'interno del locale alcuni avventori guardano la partita di calcio in tv. Raggiungere il cimitero è facile, basta seguire le indicazioni per il crematorio. Lungo il percorso costeggiamo una serie di abitazioni modeste e ordinate; due ragazzine di colore, scese a gettare la spazzatura nei cassonetti, si mettono a schiamazzare all'improvviso e lanciano qualcosa contro il rapido passaggio di un topo.
All'esterno del cimitero sono in vendita croci di medie dimensioni fatte con fiori rossi (probabilmente garofani). L'ingresso al camposanto è tripartito: c'è il cimitero cattolico, quello ortodosso, e un'area molto più vasta, senza definizione, verso la quale ci dirigiamo. Notiamo subito una sepoltura recente, interamente ricoperta di fiori freschi, sovrastata dalla foto di un ragazzino di colore. Una giovane donna, lo sguardo nascosto dagli occhiali da sole, si mette a sedere a gambe incrociate dinanzi alla tomba e si accende una sigaretta. L'uomo resta in piedi, di lato: aspetterà in silenzio tutto il tempo necessario.
Il cimitero è in buona parte percorribile in auto. Fatta eccezione per due donne bianche che ci salutano cordialmente, incontriamo solo persone di origine afro-caraibica. Molte tombe sono tenute con grande cura, alcune sono decorate in modo originale, più d'una si distingue per la bandiera giamaicana. Qua e là sorgono poi deboli strutture in legno decorate da ninnoli e nastri che delimitano aree di sepoltura per i più piccoli.
Consacrato nel 1833, idealmente su modello del Père Lachaise parigino, il cimitero di Kensal Green vanta una parte storica e monumentale degna del più celebrato cimitero di Highgate. Le lapidi più antiche versano tuttavia in stato di profondo degrado; la gran parte risulta addirittura indecifrabile. Individuare le tombe di Leigh Hunt, Thackeray e Trollope è impresa impossibile.

Negato anche l'accesso alle catacombe, situate sotto l'Anglican Chapel, uno dei monumenti più drammaticamente impressionanti che io abbia mai visto. Continuo a scattare foto nel tentativo di portarmi via ogni dettaglio ma è impossibile tradurre l'atmosfera che regna in questo luogo. Una sensazone irrimediabile di gravità e abbandono. Poi l'umiltà e la speranza. Sassolini colorati, dipinti, girandoline multicolori, farfalle. Il tentativo commovente di prolungare il contatto o di stabilire un contatto fra mondi. L'invariabilità della specie umana, nonostante tutto.
Una vecchia auto ci sfiora mentre ci avviamo verso l'uscita: la guida un signore anziano, piccolo e magro, la barba bianca, cravatta e cappello. Accanto a lui la moglie corpulenta, immobile in un turbante afro. Per un istante precipito in un angolo di New Orleans.
All'uscita, la custode del cimitero cattolico ci congeda con un cenno del capo. Al pub il clima conviviale si va stemperando nella malinconia del tardo pomeriggio. Riprendiamo la metropolitana accompagnati da un concerto di Vivaldi: un'iniziativa delle autorità locali che, attraverso la diffusione della musica classica, mirano a ridurre il tasso di criminalità nella zona. Scendiamo la scalinata rossa, raggiungiamo la piattaforma e, soli, attendiamo il treno del ritorno sotto un gigantesco melo selvatico carico di frutti.

sabato 20 agosto 2011

La tovaglia di Kate

In questo momento sventola dallo stendino come un vessillo regale che veleggi in un mare d'erba.
"Dovresti assicurarla, mica che te la rubano..." ha commentato rozzamente il bluesman dalla finestra della cucina (utilizzando invero un altro verbo - irripetibile - al posto di rubare). Ma si sa, il bluesman, in quanto tale, non si intende di cose regali e perciò non riesce ad apprezzare il delicato equilibrio cromatico - un bianco e un azzurro celestiali -, la grazia con cui si intrecciano le iniziali degli sposi (mi raccomando, sempre la C prima della W). Mi è toccato andare fino al Tower Bridge, per trovarla. E mi è toccato inventare di tutto - dalla mostra su Mervyn Peake, al teatro, ai cimiteri - per giustificare un viaggio a Londra che in realtà aveva un unico scopo: la tovaglia di Kate.

P.S. del 21/08: A grande richiesta, aggiungo foto. Purtroppo l'immagine restituisce un volgarissimo azzurro ristorante che nulla ha a che vedere con il delicato celeste dell'originale, esaltato dalle decorazioni auree.

mercoledì 10 agosto 2011

Tamara Drewe

L'ultimo film di Stephen Frears è una commedia molto divertente (per chi ama il cinico humour britannico), un'intreccio di equivoci che funziona alla perfezione. Cast indovinatissimo. Vivamente consigliato agli scrittori o aspiranti tali (soprattutto a quelli che si prendono tremendamente sul serio).

domenica 7 agosto 2011

Fantaestate

Un attacco di pigrizia, unito alla classica inquietudine della meteoropatica (trovo insopportabilmente ansiogena questa pioggia in affanno, che si ostina a sgocciolare in dosi omeopatiche), hanno azzerato tutte le considerazioni che mi si erano affollate in testa, ieri sera, dopo aver visto in sequenza Source code e Forbidden planet.
Quanto al film di Duncan Jones sono abbastanza in sintonia con la recensione di fassbinder. Mi limiterò ad aggiungere che i recenti fatti di Norvegia e le ultimissime notizie dall'Afghanistan danno al film uno spessore meno fantascientifico. In ogni caso fa tenerezza la determinazione con cui Duncan Jones cerca sempre una via di fuga per i suoi protagonisti: evidentemente le sceneggiature apocalittiche non gli sono affini. Nel caso di Source Code trovo molto suggestiva l'idea della metarealtà onirico-fantastica come alternativa al Potere - occulto e invasivo - che sfrutta l'individuo per i propri scopi. Comunque mi sono commossa parecchio (ma al cinema ho sempre la lacrima facile).
Di Forbidden Planet, io, mai stata amante dei film di fantascienza, mi sento di dire che è imperdibile. Memorabili la colonna sonora (musica elettronica ante litteram), gli abitini sexy-spaziali di Alta e il meraviglioso Robby the Robot. A proposito del quale si potrebbe anche dire che rimanda direttamente al Gerty di Moon, film d'esordio di Duncan Jones. Anche gli interni delle navicelle dei due film mi sono sembrate avere molti elementi in comune. Ma chissà, forse le navicelle spaziali si somigliano un po' tutte.